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Comune di Majano
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La storia di Majano è la vicenda plurisecolare di un centro abitato, che viene ad assorbire in una unità amministrativa un territorio in cui altri centri, di uguale o superiore antichità, hanno avuto di volta in volta il ruolo di protagonisti. È la scalata della campagna verso il castello. È la promozione di un ceto rurale e artigianale che fa sentire il suo peso, partendo da una borgata umile che cresce e si rende conscia dei suo ruolo. La prima cosa che balza all'occhio è il nome.

In una zona a prevalenza di genti Gallo-Carniche, il nome di Majano è un toponimo prediale latino. Esso deriva da Fundus Mallianus o Maianus oppure al neutro Praedium Mallianum: Maianum. Praticamente il conduttore o padrone del fondo è un assegnatario della centuriazione del Municipum di Julium Carnicum: Mallius o Maius. I coltivatori dei podere, che avrà la sua villa rustica abitata, sono latini, vista la desinenza del nome dei fondo. Attorno però la componente gallica è massiccia con le finali in -acus, Tiberiacus, Aveliacus, Sosiacus.
Il nome stesso dei torrente Gallia (Gjàlie nella pronuncia attuale) è significativo di un aspetto etnico del territorio. I proprietari sono latini, ma i "rustici" sono celti. Il bilinguismo si ridurrà gradatamente fino a che nel secolo IV la romanizzazione della zona sarà compiuta, anche nelle campagne. Invasioni e distruzioni hanno cancellato la documentazione di un territorio discretamente abitato. Quando riappaiono le pergamene medievali, i villaggi escono dalla penembra: Villa di Majano nel 1230, ma prima Susans nel 1031 e Pers nel 1265 (Piris), Tiveriacco nel 1339, preceduto nelle testimonianze da Farla (1147) e San Tomaso (1199).
Sul finire dei secolo XIV tutte le località abitate dei comune attuale sono attestate. Il secolo attuale vede Majano emergere sempre di più con le sue attività e la sua volontà di crescita sociale e civile. La gente di Majano è socievole e attiva partecipa alle feste e ai raduni. Si dedica ad attività ricreative e sportive. Prosperano associazioni o società per quasi tutti gli sports.
La passione del canto, disciplinata da precisa scuola, vive nel coro cittadino, che con il suo vario repertorio, sacro e profano, anima feste e concerti e dimostra bontà di esecuzione. La gente è gentile e ospitale. La lingua materna della popolazione è la lingua ladina friulana, con caratteristiche locali
proprie, assai vicine al friulano letterario.
Il folklore è quello ladino regionale con sapienza di proverbi, leggende, villette, costumi. Majano, dove l'eccessiva intensità urbanizzatrice non ha alterato l'ambiente, offre stupendi paesaggi, che richiamano la Toscana e l'Umbria per il loro verde, i profili dei colli, boschi cedui e acque correnti. E un paesaggio che va tutelato come un bene prezioso per le generazioni future.
L'EPOCA ROMANA
Nel 181 a.C. viene fondata la colonia romana di Aquileia. Al posto del piccolo villaggio celtico sull'Akilis ecco sorgere una città di coloni latini, che prende rapido sviluppo. Essa sarebbe sorta ancor prima, se la guerra annibalica non avesse interrotto lo stabilirsi delle colonie romane a nord dell'Appennino. La colonia viene rafforzata successivamente con altre famiglie.
Le vittorie sugli Istri nel 129 e sui Carni ribelli nel 115 aprono per Aquileia un periodo di prosperità e di pace. Dalla città fino allo scalo di Grado vengono realizzati impianti portuali notevoli mentre attorno ad Aquileia in età cesariana si dispongono nuovi centri: Concordia, Tricesimo, Cividale, Gemona, Zuglio con strade che valicano le Alpi e allacciano la Regione denominata Venetia et Hystria alle regioni transalpine e all'Italia peninsulare.
Tramite il porto aquileiese, la X Regio augustea e il Norico (Austria attuale), sono collegati con le zone economicamente fiorenti dell'Asia Minore e dell'Africa. La situazione dura con alterne vicende fino alla caduta dell'impero Romano d'Occidente nel 476 d.C. Tra le calamità umane l'invasione di Attila e le sue distruzioni segneranno un rosso tramonto, tuttora vivo nella leggenda friulana. Al breve periodo gotico segue la romanità bizantina, che si dilegua di fronte alla svolta longobarda.
In questi secoli la romanizzazione è penetrata in profondità. La popolazione parla il latino rustico e popolare, che si avvia a diventare quella che sarà la lingua friulana.
I Longobardi e il Ducato del Friuli
Nella primavera dei 568 si affacciano alle Alpi Giulie i Longobardi, un popolo di stirpe germanica, che in breve arco di anni sottomette una gran parte dell'Italia. La Venetia et Hystria è naturalmente la prima a venir conquistata. Nasce il ducato dei Friuli con capitale Cividale. Fino a Carlo Magno si susseguono i duchi longobardi dei Friuli, che spesso divengono monarchi dell'intero Stato longobardo.
In Friuli, che ha dato ai nuovi conquistatori validi reggitori come Ratchis, si spegne l'ultima resistenza longobarda con Rotgaudo.
Cividale è ricca di monumenti di quell'epoca: l'Ara di Ratchis, il Battistero di Callisto, il Tempietto Longobardo. Opere longobarde si trovano pure in Aquileia, a Zuglio, a Sesto al Reghena. A San Salvatore di Majano sono stati scoperti corredi funerari con armi, fibule, collane. Il ducato longobardo segna in profondità il Friuli perchè lo individua nell'ambito delle Venezie e lo costituisce in entità autonoma. Sul finire dell'età longobarda emergono le figure di Paolo Diacono storico e di Paolino Patriarca, poeta e teologo, validi elementi della riforma scolastica e culturale carolingia.
Da Carlo Magno al Patriarcato
Nel 776 si sostituisce al ducato dei Friuli longobardo la Marca Franca. Alla costituzione dei Sacro Romano Impero il Friuli entra a farvi parte. L'influenza carolingia si irradia dal Friuli sulle popolazioni slave limitrofe. Seguono le lotte dei marchesi friulani per la conquista della corona d'Italia nelle quali si distingue Berengario, che cingerà anche la corona imperiale. Sotto di lui si abbattono sul Friuli le disastrose e devastatrici invasioni ungare.
Una svolta avviene con gli imperatori della Casa di Sassonia. Con essi la regione si lega strettamente alla politica d'Oltralpe. Nei diplomi degli imperatori compaiono nomi di località friulane, prima sconosciuti: Udine, Maniago e altri.
La ristrutturazione amministrativa favorisce i feudatari ecclesiastici e si giunge, con l'imperatore Enrico IV e il patriarca Sigeardo, al potere sia spirituale che temporale dei patriarca di Aquileia sul Friuli e su alcune regioni contermini. L'opera era già stata iniziata con donazioni dai sovrani precedenti e ne aveva beneficiato, tra gli altri, anche Poppo, costruttore della basilica di Aquileia.
Nasce così un singolare principato, uno Stato il cui capo è il patriarca, e questo principato durerà fino al 1420, quando il Friuli entrerà a far parte, dopo aspre lotte, della Repubblica di Venezia.
L'importanza di Aquileia risaliva non solo alle tradizioni romane, ma alla continutià della sua chiesa. Il cristianesimo si era affermato in Aquileia molto presto, ma è nel III secolo che la nuova religione è ormai diffusa e all'indomani della liberazione costantiniana il vescovo Teodoro consacra la prima cattedrale e partecipa al concilio di Arles in Francia.
Nel 381 in Aquileia si celebra il Concilio Aquileiese che pone fine all'eresia ariana. Cromazio in Aquileia e più tardi il patriarca Elia a Grado sono tra le personalità più cospicue in un periodo di trapasso di civiltà tra il mondo romano e il mondo barbarico. La lotta tra Longobardi e Bizantini porterà a una divisione dei patriarcato: con due centri: appunto Aquileia e Grado. Il titolo di Grado verrà assorbito da Venezia. Il patriarcato di Aquileia, inaugurato da Sigeardo come principato autonomo, vedrà momenti di splendore e momenti di crisi.
Viene istituito il Parlamento della Patria dei Friuli e con Marquardo abbiamo le Constitutiones Patriae Fori Julii. Un patriarca rimasto nella leggenda popolare è Bertrando di San Genesio, ucciso in una congiura di feudatari nella metà del Trecento.
Il Friuli con la Serenissima
Annesso alla Repubblica di San Marco il Friuli viene governato da un luogotenente veneziano che risiede in Udine. Nel 1500 si accendono i bagliori della Guerra di Cambray e della rivolta contadina. Nel 1600 si svolgono le guerre gradiscane. Il Settecento vede una fioritura industriale, che l'eccessivo e miope protezionismo lagunare, tarpa nel suo sviluppo. La situazione sociale è stagnante. Il Friuli orientale della contea di Gorizia è divenuto dominio asburgico. Viene soppresso anche il patriarcato ecclesiastico e sorgono i due arcivescovadi di Udine e di Gorizia.
Il vescovado di Concordia perpetua la sua esistenza iniziata con la diocesi zugliese, scomparsa nell'VIII secolo, ai tempi dell'antica Aquileia. Ricordi di terrore recano, agli inizi della dominazione veneziana, le invasioni dei Turchi. Sul finire dei Cinquecento viene eretta la città stellare: Palmanova, piazzaforte militare per respingere attacchi da parte degli Ottomani. Abbiamo uno sviluppo nelle arti. Venezia era troppo impegnata nella lotta contro i Turchi in Europa e nel Mediterraneo. Le sue leggi silvopastoriali sul territorio sono state stese con competenza e tenute in considerazione anche oggi. L'arrivo delle armate napoleoniche mette fine al periodo veneziano dei Friuli.
Il Friuli nell'800
Il Friuli si vede assegnato da Napoleone all'Austria, quindi al Regno Italico. La caduta di Napoleone favorisce il ritorno degli Austriaci che amministreranno il Friuli con efficiente burocrazia. Nel 1848 anche il Friuli insorge. La resistenza di Osoppo diventa il simbolo di una nuova coscienza nazionale, come ricorda Antonio Faleschini. Nel 1866 la parte centro occidentale dei Friuli si unisce all'Italia in seguito alla seconda guerra d'indipendenza. La prima guerra mondiale unirà all'Italia anche il Friuli orientale. Sul finire dell'Ottocento, tanto in territorio italiano che in territorio austriaco, il Friuli conosce, a causa dell'aumentata popolazione e di una forte crisi economica, una diaspora emigratoria verso i Paesi europei e oltre Oceano.
Nasce in Argentina un secondo Friuli nel settentrione di quel Paese. L'emigrazione continuerà in modo massiccio fino agli anni '20. In seguito si stabilizzerà su livelli più sopportabili fino ai nostri giorni, rivestendo un carattere di temporaneità più che di permanenza definitiva all'Estero. Nell'Ottocento si avvia la costruzione della Ferrovia pontebbana e si favoriscono innovazioni agrarie.
Il '900
Il Novecento è un periodo di grandi eventi per il Friuli, ma sui quali non ci dilunghiamo in sede generale perché di comune conoscenza. Il primo conflitto mondiale ha visto il Friuli in prima linea sul fronte della Carnia e dei Carso. Le genti friulane hanno conosciuto la rotta di Caporetto e la condizione di profughi, sradicati violentemente dalla propria terra. Tra le due guerre la dittatura, se ha portato alcune bonifiche litoranee e la creazione di qualche complesso industriale, ha però mortificato il mondo culturale locale nelle sue istanze etniche e ha soppresso le libertà democratiche.
La seconda guerra mondiale ha visto i Friulani compiere il loro dovere con eroica abnegazione e nel periodo della Resistenza il Friuli ha conquistato il suo diritto a vivere in una società libera e civile. Non sono mancate anche ombre e infine il dolore della perdita dei territori orientali.
Oggi il Friuli, divenuto regione a statuto speciale, conosce uno slancio industriale notevole e la drammatica vicenda dei terremoto, che tanti danni e vittime ha mietuto, sta venendo superata da una fase di rinascita e di ricostruzione. Il Friuli ha trovato in tutto il mondo, nella sua calamità, la mano generosa di amici che lo hanno aiutato a risorgere. Lungo sarebbe il discorso sulla storia artistica e letteraria dei Friuli, che annovera tanti uomini illustri. Nel contesto generale della storia friulana è ora opportuno passare al discorso su Majano, che, date le premesse, risulterà meglio collocabile e più chiaro.
MAJANO NEL SECOLO SCORSO
Con l'arrivo delle truppe francesi all'insegna del fatidico programma: libertà, uguaglianza, fraternità, un soffio di novità e di vita percorre il Friuli assonnato e a Majano scompare la struttura medioevale protrattasi fino ad allora. La località di Majano diviene centro comunale per tutte le borgate che la circondano: San Tomaso, Susans, Pers, con Sant'Eliseo, San Salvatore, Casasola, Comerzo, Tiveriacco, Farla. L'aggregazione a Majano di alcune borgate avviene in modalità e tempi diversi. Lo stemma comunale con il fascio è dei 1867 e non ha nulla a che vedere con analoghe insegne di una passata dittatura.
A San Tomaso i segni del passaggio napoleonico erano ancora visibili sulla facciata della chiesa nei primi anni dei Novecento: erano buchi e screpolature prodotti dalle fucilate tra Austriaci e Francesi nel 1809. Patrioti maianesi partecipano ai moti dei 1848 e dei 1864. Stefano Bortolotti fu garibaldino nel 1859. Nella seconda metà dell'Ottocento sorgono nel Comune attività lavorative diverse da quelle agricole di quasi tutta la popolazione residente. Si aprono fornaci, si scavano torbiere, si impostano opere pubbliche, mentre nei comuni vicini sorgono industrie, che iniziano a strappare un quantitativo di braccia alla diaspora friulana nei paesi stranieri.
La gente di Majano emigra in maggioranza nel Centro Europa: Austria, Baviera, Ungheria, Romania. Il paesaggio majanese è ancora quello del Settecento: case padronali con portali in pietra, casucce povere, una borgata come quella dei Pisperc (via dei Colle) rimasta fino al terremoto dei 1976, dalle caratteristiche tipiche di un mondo lontano con i suoi ballatoi di legno e i suoi fogolars, quasi un pezzo di Carnia.
MAJANO NEL SECOLO XX
Il secolo attuale vede Majano emergere sempre di più con le sue atttività e la sua volontà di crescita sociale e civile. Si frequentano all'inizio dei secolo le scuole di arti e mestieri di San Daniele e Gemona. Nel 1925 a Majano, in una stanza dei Municipio, si istituisce la classe V elementare. Prima della guerra del 1914-18 viene fondata la Società Operaia di mutuo soccorso ed istruzione, che potrà attuare il suo programma solo a conflitto terminato, ma che esiste e opera tuttora.
Tra le due guerre la vita di Majano e frazioni non si discosta da quella dei Friuli in genere. Dal 1943 al 1945 la Resistenza conosce nella zona pagine di lotta e di sangue. A Majano i capi delle divisioni partigiane Garibaldi e Osoppo si incontrano per accordarsi finalmente in un'azione unitaria, dopo incomprensioni e cruente lacerazioni. Al termine del conflitto inizia un progresso industriale rapido, che trasforma l'ambiente e imprime maggior dinamismo alla vita Cittadina. Le amministrazioni portano a termine un vasto programma di opere pubbliche: il nuovo Municipio, le nuove scuole, la strada Susans-Majano, la Rettifica dei Ledra, l'acquedotto centrale.
Accanto alle scuole elementari e medie compare l'istituto Stringher. Nel 1976 ecco il terremoto rullare cupamente nella notte del 6 maggio e riproporsi minaccioso a settembre. 130 morti e un'immensità di distruzioni, tende e baracche, stabilimenti danneggiati formano un quadro difficilmente dimenticabile per chi ha visto e vissuto. Oggi la fase di ricostruzione è terminata. E' tra le opere di rinascita il nuovo plesso scolastico e il centro residenziale per gli anziani rivelano la collaborazione fraterna di chi ha capito il dramma di Majano e della sua gente.